17/07/14

American Psycho: l'infiammabile capolavoro di Bret Easton Ellis.



1991: American Psycho viene dato alle stampe e Bret Easton Ellis comincia la sua ascesa nell'Olimpo degli autori di culto.
Siamo a cavallo tra la fine degli 80s e l’inizio dei 90s, gli yuppies sono sulla cresta dell’onda e Wall Street è la loro Mecca, un luogo sacro fatto di grafici, transazioni finanziarie e aridità interiore.Patrick Bateman è il classico esempio del rampollo dell’alta finanza: giovane, superficiale, elegantissimo negli innumerevoli completi di haute couture e ricco, spropositatamente ricco.Un personaggio che infastidisce, genera repulsione nel lettore per la vacuità e la sfacciataggine ostentate come vanti.La vita di Bateman è metodica: ufficio, palestra, cene in ristoranti esageratamente chic, serate in locali d’elite. Completano il quadro una fidanzata bella e insensibile almeno quanto lui, dei colleghi-fotocopia arrivisti ed un vuoto esistenziale riempito apparentemente da status symbol inutili e costosissimi.


Un idillio di plastica e falsità che inizia a mostrare le crepe pagina dopo pagina, rivelando pian piano un’anima oscura e carica di follia.La perfetta routine quotidiana fatica a tenere testa alle pulsioni “animalesche” di Bateman, cacciatore mosso dall’Es, da primitivi istinti omicidi.L’impeccabile agente di cambio di Wall Street muta le proprie sembianze, indossa una nuova “maschera” e, nelle fredde notti newyorchesi, sfoga la rabbia per una vita di facciata, scandita soltanto dalle sniffate, dai cocktail e dalle modelle portate a letto.Se la prima metà del libro si concentra sulla vita mondana di Bateman, facendo trasparire soltanto alcune macabre avvisaglie, la seconda parte di American Psycho esplode in un delirio splatter a briglie sciolte, un vero e proprio tour infernale senza via di scampo.Bret Easton Ellis a soli ventisette anni ha sfoderato un romanzo cult, una summa delle paure e dei controsensi figli di un decennio di eccessi nell'affannosa rincorsa a chimere capitalistiche.




La scrittura evolve assieme a Bateman, ne ricalca i tratti passando dallo sfarzo dell’alta moda e della New York che conta, fino a sprofondare in un baratro di parole nervose e confuse, specchio fedele dell’immagine di un uomo ormai in balia di incubi sublimati e di forze primordiali irrefrenabili, richiamati da un atavico bisogno di vita (la propria, tanto agognata) e di morte (quella altrui).American Psycho è estremo, e l’ultraviolenza che ne imbratta di sangue le pagine a volte è dura da digerire, soprattutto a causa delle macabre descrizioni che non lesinano sui particolari raccapriccianti.
Come Patrick Bateman ha fatto con le proprie inconsapevoli vittime, così Bret Easton Ellis ha spaccato (metaforicamente) in due i lettori: chi reputa il romanzo uno scandaloso esercizio di stile infarcito di passaggi noiosi e splatter dozzinale e chi, come il sottoscritto, ritiene American Psycho uno dei libri più folgoranti e necessari di quest’epoca postmoderna perennemente in bilico.

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