29/05/14

Una rivelazione: Maps to the Stars di David Cronenberg



Spiazzato e destabilizzato, ecco come mi sento dopo aver visto al cinema l'ultimo (capo)lavoro di David Cronenberg, Maps to the Stars.

Devo ammetterlo, le aspettative non erano troppo elevate, complice anche un hype molto scarso nei confronti della pellicola e diverse recensioni tiepide o peggio lette in rete.
Provando un amore genuino e viscerale per il cineasta canadese l'unica cosa sensata da fare per me era visionare in sala questa sua nuova opera, così da fugare ogni dubbio relativo ad essa.

Un Cronenberg al cinema, converrete con me, è sempre un evento da ricordare e pure stavolta non è stato da meno: l'emozione che serpeggia sin da quando leggi "Directed by..." per poi salire in un magnetico crescendo ti stordisce e ti lascia letteralmente a bocca aperta.


Avrete sicuramente intuito che il film è stato una sorta di rivelazione per me, qualcosa di inaspettato e profondamente sconvolgente. Riuscite a visualizzare uno tsunami che improvvisamente colpisce e devasta una placida spiaggia affollata da turisti? Ecco, questo per dirvi che io mi sono sentito totalmente in balia di Maps to the Stars, viscerale come e più dei primi "carnali" e memorabili film del regista canadese.
Il setting terapeutico, perchè di un'enorme terapia di gruppo si tratta, è Hollywood ossia quel falso mito ricco di lati oscuri e di sorrisi stampati su volti deceduti.
I pazienti di questa seduta lunga quasi due ore sono da applausi, specialmente la coppia di donne composta da Julianne Moore e Mia Wasikowska. Anche gli altri partecipanti si fanno ricordare e Robert Pattinson dà un'ulteriore conferma agli scettici scuotendosi di dosso, spero per sempre, i panni del vampiro emo di Twilight.

Il vuoto e la menzogna uniscono e dividono i personaggi sulla scena, creando un mosaico sempre più complesso dove i tasselli si uniscono a formare figure mostruosamente reali e angoscianti.
Lo showbiz è spietato e divora l'innocenza vomitandola fuori sotto forma di un vuoto incolmabile. E' l'altro lato di una medaglia fatta di premi Oscar, Academy, contratti milionari e lusso sfrenato.
Anche la deformità emerge con forza ed è fisica ma soprattutto psicologica: David Cronenberg ci regala una carrellata di psicopatologie da manuale, ridefinendo i suoi standard di morbosità e scavando davvero a fondo, fino a raggiungere l'anima martoriata di individui solo apparentemente banali e materiali.


Niente è lasciato al caso, tutto sembra volto ad un epilogo liberatorio e straziante, beffardo come soltanto il corrotto mondo di Hollywood sa essere.
I fantasmi del passato intaccano quelli del presente e la realtà è cerebralmente contaminata da ossessioni che sgretolano il già fragile equilibrio interiore dei protagonisti.
La tensione si fa strada quasi impercettibilmente per poi palesarsi in alcuni momenti catartici di rara intensità. Qualcuno ha parlato di superficialità e assenza di messa a fuoco da parte di Cronenberg: è uno scherzo, giusto? Personalmente è da anni che non mi imbattevo in una pellicola così ispirata e disturbante del canadese, qualcosa che si sta sedimentando lentamente e lascerà un segno profondo nel sottoscritto.



Potenza visiva ai massimi livelli (a parte un pizzico di computer grafica che stona, ma glielo perdoniamo), cura maniacale per il verbale ed il non-verbale degli attori, orrore che si nasconde negli anfratti del quotidiano distorcendo percezioni e coscienze: David Cronenberg è anche questo, oggi, dimostrando alla critica di essere più vitale che mai nonostante abbia varcato la soglia dei settant'anni.
Hollywood non esiste, oppure tutto il mondo è una grande Hollywood?


In fondo la mappa delle star è solo un pretesto per avvicinarsi indisturbati all'abisso e buttare un occhio su quel pozzo oscuro e profondissimo che chiamiamo anima.


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